Le migrazioni forzate possono essere eventi traumatizzanti in quanto vissuti in condizioni di insicurezza, di precarietà e di rischio e si accompagna ad una costellazione di perdite multiple (status economico e sociale, legami affettivi etc…).
In questo senso l’ essere umano è un entità incastonata, fin dalla sua nascita, in un ambiente sociale. Lo sconvolgimento della matrice sociale ha gravi effetti a lungo termine sia sul funzionamento sociale che su quello psicologico e biologico (Van der Kolk, 2004).

Molti studi si sono occupati di approfondire le conseguenze della migrazione che in alcuni casi può svolgere un ruolo di slatentizzazione di un sottostante disturbo psichico.
I ricercatori (Danon M., Miltenburg A., 2001) che si sono occupati di trattare tali tematiche parlano proprio del trauma migratorio che è caratterizzato da viaggi lunghissimi e drammatici, malnutrizione, malattie non curate, aggressioni, talvolta morte dei compagni di viaggio, sfruttamento, violenze, comprese quelle sessuali; molto spesso i paesi di frontiera detengono le persone per lungo in campi profughi o li respingono violando la convenzione di Ginevra (Benvenuti M., 2006).
Queste migrazioni forzate e di massa espongono ancora di più le persone a conseguenze per la loro salute mentale.
L’Italia è il secondo punto di ingresso più comune per i richiedenti asilo in Europa dopo la Grecia. La grande maggioranza è passata attraverso la Libia in guerra e ha chiesto l’asilo. Le condizioni mediche dei migranti sono valutate all’arrivo, mentre il loro stato di salute mentale generalmente non viene valutato in alcun modo, nonostante la probabilità di gravi traumi prima e durante la migrazione.
L’ONG Medici senza frontiere, in accordo con il Ministero della Sanità, ha elaborato strumenti per la valutazione della salute mentale e la cura per i richiedenti asilo di recente arrivo in Sicilia.
Grazie a questo si è riusciti a svolgere uno studio (Crepet A. et al. 2017) sui richiedenti asilo arrivati alla frontiera di Lampedusa nel biennio 2014-15 che documenta le condizioni della salute mentale, gli eventi potenzialmente traumatici e le difficoltà di vita post migratorie sperimentate dai richiedenti asilo nel programma di Medici senza frontiere.
Sono state sottoposte a uno screening di salute mentale 385 persone, al 50% del campione ( 193 migranti) sono stati diagnosticati disturbi della salute mentale.
La maggior parte erano giovani maschi dell’Africa occidentale che avevano lasciato i loro paesi d’origine più di un anno prima dell’arrivo.
Le diagnosi più comuni i erano il disturbo da stress post-traumatico (31%) e la depressione (20%).
Eventuali eventi traumatici sono stati riscontrati frequentemente nel paese di origine (60%) e durante la migrazione (89%).
Essere in una situazione di conflitto e/o rischio di morte, dopo essere stati testimoni di violenza o di morte e di essere stati in detenzione, sono stati i traumi principalmente rilevati.
La mancanza di attività, la preoccupazione per la casa, la solitudine e la paura di essere mandati a casa erano le principali difficoltà che i richiedenti asilo vivevano nei centri di prima accoglienza. Le condizioni di disturbi psichici presenti nella fase pre-migratoria, eventi potenzialmente traumatici e difficoltà di vita post migratori sono comunemente sperimentate dai richiedenti asilo di recente arrivo. Gli studi suggeriscono che i servizi di sostegno psicologico e sociale dovrebbero essere parte integrante del percorso previsto per le persone che richiedono asilo, poiché questo a lungo termine ridurrebbe gli oneri economici dei paesi che accolgono.

Il giornalista Pietro Mecarozzi su Linkiesta affronta il problema della necessità di una diagnosi precoce dei disturbi mentali.

 In Italia le strutture specializzate nell’accoglienza di  migranti affetti da malattie psichiatriche non sono sufficienti: secondo il report annuale del ministero dell’Interno, sono oltre 2.000 le persone a cui è stata diagnosticata una patologia psichiatrica, ma i posti disponibili sono 734, in più la collocazione geografica dei luoghi dedicati a questi profughi rimane del tutto diseguale, sono ben otto le regioni che non dispongono di centri specializzati e nelle altre, i posti disponibili sono in media una trentina, esclusi i casi più virtuosi di Sicilia e Puglia.
Mentre i progetti specifici, finanziati dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo sono soltanto 52 contro i 681 per “categorie ordinarie”. 

Il totale di migranti con disagio mentale adeguatamente assistiti sfiora solamente il 2,3% del totale.
Il numero reale di coloro che sono affetti da disabilità mentale è difficilmente calcolabile, ma comunque molto distante dalle 2.000 unità del rapporto ministeriale.

La gran parte di loro non riesce neppure a presentarsi davanti alle commissioni territoriali per ufficializzare la richiesta d’asilo (iter che resta anche con le modifica dei decreti sicurezza), e durante le visite mediche di primo livello raramente viene diagnosticata o individuata una patologia mentale. 

per approfondire:

Migrazione e salute mentale: un problema emergente, di Luca Cimino

 

 

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