Nel colloquio con i giornalisti sul volo verso Roma Francesco ripercorre le tappe dello storico viaggio in Iraq: l’incontro con “l’uomo saggio e uomo di Dio” Al Sistani, l’emozione di fronte alle chiese distrutte di Mosul, la commozione per le parole della mamma cristiana che ha perso il figlio e perdonato gli uccisori, la promessa di un viaggio in Libano.

Qui di seguito riportiamo un passaggio in cui papa Francesco parla della migrazione come un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare.

C’è il problema della migrazione. Ieri mentre tornavamo in macchina da Qaraqosh a Erbil, vedevo tanta gente, giovani, l’età è molto molto bassa. E la domanda che qualcuno mi ha fatto: ma qual è il futuro per questi giovani? Dove andranno? In tanti dovranno lasciare il Paese. Prima di partire per il viaggio l’altro giorno, venerdì, sono venuti a congedarmi dodici iracheni profughi: uno aveva una protesi alla gamba perché era scappato finendo sotto i camion e aveva avuto un incidente. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano. L’altra volta mi diceva un sociologo italiano parlando dell’inverno demografico in Italia: entro quarant’anni dovremo “importare” stranieri perché lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni. Voi francesi siete stati più furbi, siete andati avanti di dieci anni con la legge a sostegno della famiglia, il vostro livello di crescita è molto grande.

Ma la migrazione la si vive come un’invasione. Ieri ho voluto ricevere dopo la messa, perchè lui lo ha chiesto, il papà di Alan Kurdi, questo bambino, che è un simbolo, Alan Kurdi è un simbolo: per questo io ho regalato la scultura alla FAO. È un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. È riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave. Due aneddoti: a Zaventem, nel Belgio, i terroristi erano belgi, nati in Belgio ma emigrati islamici ghettizzati, non integrati. L’altro esempio, quando sono andato in Svezia, la ministra che mi congedava era giovanissima e aveva una fisionomia speciale, non tipica degli svedesi. Era figlia di un migrante e di una svedese, così integrata che è diventata ministro. Pensiamo a queste due cose, ci faranno pensare tanto: integrare. Sulle migrazioni, che credo sia il dramma della regione. Io vorrei ringraziare i Paesi generosi che ricevono i migranti: il Libano che ha, credo, due milioni di siriani; la Giordania – purtroppo non ci passeremo sopra e il re voleva farci un omaggio con gli aerei al nostro passaggio – è generosissima: più di un milione e mezzo di migranti. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie tante!

Fonte: Vatican News

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