Una famiglia di richiedenti asilo centroamericani espulsa dagli Stati Uniti. Ciudad Juárez, Messico, 16 marzo 2021. (José Luis González, Reuters/Contrasto)
Trump aveva fatto della “difesa” del confine con il Messico dall’invasione dei migranti un caposaldo della sua politica. A pochi mesi dal suo insediamento, Biden si trova ad affrontare enormi difficoltà nel gestire il flusso dei migranti, stretto tra le istanze umanitarie e le intricate questioni relative alle procedure e alla sicurezza. E’ già cambiato l’approccio di Biden nei confronti del tema immigrazione? e come si può prevedere che esso cambierà?
L’Internazionale nel riportare un articolo pubblicato da The Economist mercoledì 17 marzo 2021affronta un problema che avrà riflessi anche su equilibri internazionali.
La prima cosa che si vede dopo aver attraversato il ponte che da Reynosa, in Messico, porta in Texas, è un grande cartello bianco con la scritta “Bingo” in scintillanti lettere rosse. È una pubblicità di una sala gioco poco distante, ma per chi cerca di entrare negli Stati Uniti è anche un promemoria di quanto sarà difficile la vita e di quanta fortuna servirà per farcela.
Oggi molti migranti si stanno riversando negli Stati Uniti nella speranza che la fortuna sia dalla loro parte ora che la Casa Bianca è occupata da un presidente più solidale. Da ottobre a febbraio la Customs and border protection (Cbp), responsabile per la sorveglianza dei confini statunitensi, ha intercettato circa 400mila persone lungo la frontiera sudoccidentale del paese. Sono quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2019-2020, e un record dal 2006 (i dati del 2019-2020 comprendono le persone che sono state rapidamente espulse ricorrendo a una direttiva per la tutela della salute pubblica e quelle che hanno cercato di oltrepassare il confine diverse volte). L’amministrazione Biden prevede che gli attraversamenti del confine raggiungeranno livelli mai visti negli ultimi vent’anni.
Molte delle persone che intraprendono il pericoloso viaggio non vengono neanche intercettate. Matt Robinson, capo della sicurezza per la East Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro che gestisce 215mila acri nel Texas meridionale (un’area grande quanto New York City), è convinto che in autunno il numero di migranti che hanno attraversato i terreni della fondazione sia stato venti volte superiore all’anno precedente. La situazione “è cambiata molto rapidamente, si è capovolta. Non so se esistano ancora barriere”, racconta Urbino “Benny” Martinez, sceriffo di Brooks County, una contea situata 110 chilometri a nord del confine che ha la triste fama di essere un’area in cui i migranti spesso muoiono per disidratazione.
Bambini e famiglie
A complicare la situazione c’è la vulnerabilità delle persone che arrivano negli Stati Uniti. Da ottobre a febbraio circa trentamila minorenni si sono presentati al confine senza un genitore. Il governo ritiene che nel 2021 il numero complessivo di bambini non accompagnati potrebbe arrivare a 120mila, il 54 per cento in più rispetto al precedente picco del 2019. L’amministrazione Biden ha scelto di permettere a questi ragazzi e bambini di entrare nel paese, innescando una frenetica ricerca di letti in strutture che non sono adatte ai minori e dove i posti disponibili sono già ridotti a causa della pandemia. Il 13 marzo l’amministrazione Biden ha annunciato l’invio al confine messicano di personale dell’Agenzia federale per la gestione delle emergenze.
Anche agendo rapidamente, la situazione rappresenta una sfida difficile per Joe Biden. Il presidente sta cercando di adottare una politica d’immigrazione più umana rispetto al suo predecessore, ma vorrebbe evitare che le persone prendano d’assalto il confine mandando in tilt il sistema e distogliendo l’attenzione dalla sua riforma delle politiche d’immigrazione.
Già in passato gli Stati Uniti hanno affrontato impennate migratorie, spesso dovute a forze che esulavano dal controllo della Casa Bianca. “Dopo il blocco di Trump era inevitabile che si verificasse un aumento”, spiega Lee Gelernt dell’Unione americana per le libertà civili. Durante il suo mandato, infatti, Trump ha effettuato oltre mille cambiamenti al sistema, molti dei quali hanno reso più difficile l’ingresso negli Stati Uniti e la richiesta di asilo. L’anno scorso il presidente ha sostanzialmente sigillato il confine invocando il “Title 42”, una direttiva legata alla sicurezza sanitaria che con il pretesto della pandemia ha autorizzato l’espulsione rapida di tutte le persone che attraversavano il confine. Questo ha creato un accumulo di persone pronte per essere mandate indietro.
Inoltre nel 2020 la violenza, la povertà, l’instabilità e un paio di uragani hanno spinto molte persone a lasciare il “Triangolo del nord”, cioè El Salvador, Guatemala e Honduras. Si tratta soprattutto di famiglie dirette negli Stati Uniti per chiedere asilo. Anche molti messicani tentano la sorte, colpiti dalla perdita di posti di lavoro dovuta alla crisi economica.
Biden si ritrova famiglie che si separano volontariamente pur di far entrare i figli negli Stati Uniti.
Le condizioni difficili di molti paesi che si trovano a sud degli Stati Uniti sono fuori dal controllo di Biden, ma il messaggio che viene inviato in questi paesi non lo è. Alcune delle decisioni del presidente hanno dato l’impressione che gli Stati Uniti non intendano far rispettare le proprie leggi sull’immigrazione e che vogliano dare un segnale di cambiamento rispetto alle politiche seguite da Trump al confine. Per esempio a gennaio l’amministrazione Biden ha fermato per cento giorni le espulsioni degli immigrati irregolari che si trovavano già nel paese (l’iniziativa è stata sabotata dallo stato del Texas e dalla sentenza di un tribunale).
“Abbiamo spalancato il confine a forza di voci infondate”, spiega Neal Wilkins, l’uomo che gestisce East Foundation. I trafficanti, che si fanno pagare dai migranti per condurli negli Stati Uniti, stanno approfittando dell’avvicendamento a Washington per fare affari. Suor Norma Pimentel, a capo delle organizzazioni cattoliche della Rio Grande Valley e abituata a interagire con le famiglie appena arrivate, ritiene che il crimine organizzato stia diffondendo la notizia secondo cui questo sarebbe il momento propizio per partire. I migranti dell’America Centrale pagano ai trafficanti circa diecimila dollari. La cifra comprende un “coyote” che li guiderà attraverso terreni impervi e fino a tre tentativi di attraversare il confine nel caso in cui vengano intercettati dalla polizia di frontiera.
Molte famiglie sperano di arrivare al confine e presentare domanda d’asilo. Due dei recenti cambiamenti introdotti da Biden hanno alimentato la voce secondo cui ora sarebbe più facile entrare negli Stati Uniti. In primo luogo Biden ha messo fine al programma voluto da Trump e chiamato Migrant protection protocols (Mpp), o più familiarmente “Restate in Messico”. Il programma prevedeva che le persone intenzionate a entrare negli Stati Uniti restassero a sud del confine in attesa che la procedura burocratica fosse completata. Di recente centinaia di migranti ammassati in squallidi campi profughi a Matamoros, in Messico, senza acqua corrente né elettricità, sono stati trasportati negli Stati Uniti e rilasciati in attesa di un responso sulla loro richiesta. Al momento ventimila persone si trovano ancora in Messico in base ai Mpp e presto saranno autorizzate a entrare negli Stati Uniti.
In secondo luogo l’amministrazione Biden, pur avendo mantenuto il Title 42 e dunque la possibilità di espellere la maggior parte dei migranti immediatamente, ha scelto di accogliere i minori non accompagnati a prescindere dal loro diritto all’asilo e altre considerazioni speciali. Questa decisione ha prodotto una conseguenza indesiderata: ora i genitori mandano i figli da soli verso gli Stati Uniti perché in questo modo hanno più possibilità di passare. Dopo aver criticato la politica della “tolleranza zero” dell’amministrazione Trump, causa della separazione delle famiglie, ora Biden si ritrova famiglie che si separano volontariamente pur di far entrare i figli negli Stati Uniti.
Notizie confuse
Nelle ultime settimane molte famiglie sono state trasferite negli Stati Uniti anche a causa di una decisione del governo messicano, che non intende più accogliere le famiglie con figli piccoli che la Cbp ha espulso in base al Title 42. Finora lo stato messicano orientale di Tamaulipas è stato l’unico ad aver implementato questa misura. Questo significa che le famiglie con figli minori di sei anni hanno improvvisamente un canale d’accesso agli Stati Uniti. Una volta sottoposte ai tamponi per il covid-19, vengono rilasciate nella Rio Grande Valley senza dover presentare richiesta d’asilo, mentre le famiglie con figli maggiori di sei anni vengono bloccate. Le persone che risultato positive al covid-19 vengono messe in quarantena all’interno di alcuni alberghi.
Ogni giorno le associazioni cattoliche della Rio Grande Valley assistono settecento nuove famiglie nel rifugio di McAllen, davanti alla stazione degli autobus. Ho visitato la struttura mentre una decina di persone arrivava scortata dalla polizia di confine. Tutte le famiglie avevano bambini piccoli, alcuni nati da appena un paio di mesi. Mentre un numero sempre maggiore di famiglie e minori non accompagnati entra negli Stati Uniti, all’estero si diffonde la notizia che i confini si stanno aprendo, e questo incoraggia altri a partire. I minori non accompagnati monopolizzano l’attenzione dei mezzi d’informazione, ma il problema maggiore riguarda le famiglie, che stanno arrivando prima che il paese sia preparato a gestirle in massa, spiega Andrew Selee, presidente dell’Istituto per le politiche migratorie, un think-tank di Washington. “I genitori con bambini sono molto più numerosi dei minori non accompagnati”, conferma.
Il sistema sta già vacillando. Le strutture al confine e i meccanismi per elaborare le richieste sono stati creati quando i migranti erano soprattutto uomini messicani in cerca di lavoro. Nell’ultimo decennio, però, si sono verificati tre cambiamenti demografici: i messicani sono stati sostituiti dai centroamericani, le persone singole hanno lasciato il posto alle famiglie con bambini e infine le persone senza bisogno di protezione umanitaria sono state rimpiazzate dai richiedenti asilo. Molte persone approdano al confine meridionale in fuga da circostanze disperate, ma la maggior parte di loro non rientra nei criteri per la concessione dell’asilo. Tuttavia, se durante un colloquio dimostrano di provare una “paura credibile” i migranti vengono spesso rilasciati negli Stati Uniti fino al completamento delle procedura sul loro caso.
Dal confine meridionale arrivano anche asiatici, mediorientali e migranti di altre nazionalità.
Il sistema dei tribunali dell’immigrazione, ormai al collasso, deve gestire 1,3 milioni di casi, quasi il triplo rispetto al momento in cui Trump si è insediato alla Casa Bianca. Per emettere le sentenze servono anni, e nel frattempo la maggior parte dei migranti scompare all’interno della propria comunità. Il dipartimento per la sicurezza nazionale ha effettuato un’analisi sulle persone prese in esame tra il 2014 e il 2019. Tra quelle provenienti dal Triangolo del nord, il 28 per cento era stato rimpatriato all’inizio del 2020. Il dipartimento non ha alcuna documentazione che attesti la partenza del restante 72 per cento. L’8 per cento dei migranti presi in esame ha ottenuto una qualche forma di permesso di soggiorno, mentre gli altri sono ancora in attesa di responso o hanno deciso di restare illegalmente nel paese.
Gran parte del peso dell’assistenza ai migranti ricade tradizionalmente sulle organizzazioni benefiche. Questo fenomeno è stato particolarmente acuto durante l’ultima impennata migratoria del 2019. Ora il covid-19 sottopone queste organizzazioni a un ulteriore sforzo. “Stavolta è molto più difficile, perché non abbiamo volontari”, spiega sorella Pimentel. “Ci mancano le braccia”. Di recente l’associazione United way of El Paso County ha chiesto a cento ex volontari di contribuire, ma soltanto sei hanno dato la propria disponibilità, spiega Christina Lamour, vicepresidente del settore che si occupa dell’impatto sulla comunità.
Ma quello che succede al confine non resta al confine. “Le persone ne subiscono le conseguenze anche a ottanta miglia dalla frontiera”, spiega Susan Kibbe della South Texans’ Property Rights Association. Alcuni allevatori hanno paura di visitare determinate aree dei loro terreni dopo essere stati minacciati dai trafficanti e dai cartelli. Per affrontare il recente aumento del flusso migratorio gli agenti che in precedenza pattugliavano una zona più a nord sono stati richiamati verso sud. Durante il tragitto di 90 minuti da Raymondville a Hebronville, nella Rio Grande Valley, di solito si incontrano dieci agenti della polizia di frontiera e sei agenti del dipartimento per la sicurezza pubblica del Texas, racconta Robinson. Quando ho coperto la stessa distanza non ho visto nessun agente. Secondo lo sceriffo Martinez, ogni giorno a Brooks County potrebbero esserci cento migranti nascosti nella vegetazione, ma il 60-70 per cento degli agenti è stato inviato al confine, lasciando quest’area scoperta.
Il confine è chiaramente un tema che riguarda la sicurezza nazionale. L’ex parlamentare Will Hurd sostiene che le agenzie d’intelligence dovrebbero fare di più per smantellare le organizzazioni di trafficanti in America Centrale. Dal confine meridionale arrivano anche asiatici, mediorientali e migranti di altre nazionalità. Finora nel mese di marzo la Cbp ha intercettato almeno tre gruppi composti da oltre cento migranti ciascuno, tra cui nove rumeni. I trafficanti trasportano anche droga. Più i migranti ingolfano il sistema e più gli agenti vengono distolti dalla lotta contro le sostanze stupefacenti. Tra ottobre e febbraio i sequestri di fentanyl sono aumentati del 360 per cento rispetto a un anno fa.
La confusione generata dalla politica frontaliera sta aumentando, anche perché Biden non ha ancora nominato un capo permanente né per la Cbp né per l’Immigration and customs enforcement (Ice, l’agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione). Un funzionario delle forze dell’ordine mi ha chiesto se il Title 42 resterà in vigore. Inoltre si stanno diffondendo voci contrastanti su chi abbia deciso di non rimandare indietro le famiglie con bambini piccoli, se gli Stati Uniti o il Messico.
I problemi di comunicazione hanno un impatto importante. Hugo Zurrita, a capo della Good Neighbour Settlement House, un’organizzazione benefica di Brownsville, sottolinea la necessità di “migliorare la comunicazione con le autorità locali e federali. Non dico che dobbiamo conoscere ogni dettaglio, ma è importante sapere cosa accadrà”. Studiare in prima persona le condizioni al confine sarebbe sicuramente utile. “Il problema che continuiamo ad avere con il governo è che loro non sembrano mai disposti a parlare con le persone che vivono e lavorano sul campo, nella comunità”, sottolinea Dennis Nixon, capo della banca Ibn di Laredo, in Texas.
Biden ha già ordinato la revisione di diverse politiche migratorie, dal sistema di elaborazione delle richieste d’asilo a quello per riunire le famiglie separate dalle misure di Trump. Ma il tempo stringe. Le associazioni per la difesa degli immigrati, rinvigorite rispetto agli ultimi anni, chiedono la fine del Title 42. Ma “se lo facessimo il sistema sarebbe completamente travolto”, spiega Theresa Cardinal Brown del think-tank Bipartisan Policy Centre. “In questo momento il Title 42 è l’unico strumento che fa guadagnare un po’ di tempo all’amministrazione per implementare il sistema desiderato”. Si parla di creare strutture che non siano dedicate soltanto alla detenzione ma permettano ai migranti di informarsi sul processo per la concessione dell’asilo, come accade in alcuni paesi europei. “Non possiamo affidarci sempre ai rifugi e alle ong”, ribadisce Brown.
Tra due fuochi
Nei prossimi mesi Biden si troverà stretto tra due forze opposte e potenti. Una è la corrente di sinistra del suo partito, diventata sempre più radicale sul tema dell’immigrazione, fino a paventare la cancellazione della Ice e il divieto di trattenere qualsiasi minore non accompagnato. La seconda è rappresentata dai repubblicani, che hanno già fatto sapere di essere pronti a trasformare il confine nel tema principale per riconquistare il congresso alle elezioni di metà mandato in programma nel 2022. A meno che Biden non riesca a dimostrare di saper gestire l’aumento del flusso migratorio e le spinte radicali del proprio partito, il confine potrebbe costare diversi seggi ai democratici, così come accaduto nel 2020 con la campagna per la riduzione dei fondi per la polizia.
I problemi al confine rappresentano una minaccia anche per il programma che Biden vorrebbe realizzare. Il presidente intende approvare una vasta riforma dell’immigrazione per offrire un percorso verso la legalizzazione agli immigrati irregolari che si trovano già nel paese e soprattutto ai dreamers, gli immigrati portati negli Stati Uniti da bambini. Ma questa prospettiva viene allontanata dall’aumento del flusso migratorio. “Tutto ciò che cerchiamo di far approvare sul tema dell’immigrazione viene messo in pericolo da quello che accade al confine”, spiega Woody Hunt, imprenditore texano che insieme ad altri colleghi sostiene il progetto per offrire uno status permanente ai dreamers. Per Biden il confine meridionale sta diventando sempre più un incubo morale e politico.
(Traduzione di Andrea Sparacino)