Pietro Giovanni Panico, in questo bell’articolo che vi proponiamo e pubblicato da Melting Pot  mercoledì 21 marzo 2021, chiede a Totò, pescatore calabrese, cosa ne pensa della vicenda delle imbarcazioni umanitarie, delle morti del Mediterraneo, delle leggi del mare. I media sono soliti richiedere il parere su queste quotidiane tragedie a uomini in giacca e cravatta, a studiosi, a giornalisti, ad avvocati: tutto virtuoso, ma chi può rispondere meglio di un pescatore che vive davvero il mondo del mare?

 

Il vento di scirocco accarezza placidamente le onde del mare, che si arricciano leggermente: come a ringraziarlo, come facendo le fusa. Tira lentamente, non forte, sembra voglia far compagnia a chi abita la spiaggia durante i periodi meno popolosi e le ore più solitarie.
Scirocco deriva dalla parola araba “shurhùq”, vuol dire vento di mezzogiorno. Prende nome dalla direzione da cui spira: dalla Siria, dal sud-est.
E’ un vento che sa far sentire soffocare durante le afose giornate estive. Ma sa anche dare una piacevole sensazione di benessere durante la primavera: a me ha sempre dato l’impressione che lo scirocco, che tanto invade soprattutto il sud Italia, vuole farci ricordare come siamo così simili paesaggisticamente, e non solo, alla Tunisia, ai Paesi del sud-est.
Lo scirocco tende a farci accorciare le distanze: pensiamo di essere così lontani dal continente africano e dal Medio-Oriente. Ma è solo una bugia costruita ad hoc: quando arriva ad ampie falcate dalla Siria durante agosto, ci ricorda che siamo più vicini di quanto pensiamo. E forse vuol ricordarci che ciò che succede dall’altra parte del Mediterraneo non solo è vicino, ma ci deve riguardare.

Un pescatore ritira le reti, piegato in due dalla stanchezza e dal sole meno vigoroso della giornata. Il vento di scirocco gli arruffa i capelli imbianchiti, brizzolati. Le mani ruvide afferrano le reti con durezza ma con rispetto, gesto ripetuto da ormai quaranta anni. Perché quelle reti sono sudore e forse lacrime, o forse no, ma sono sicuramente abnegazione sacrale.
Avviene tutto in religioso silenzio: rituale di una vita, rispetto per il mare che davanti gracchia con piccole onde sulla spiaggia di sassi e sabbia.
Il rispetto verso il mare nessuno può capirlo come chi il mare lo vive. Come Totò.
Faccio il pescatore da quando ho quattordici anni, ora ne ho sessantatré”, mi dice lentamente. “Ho sfamato la mia famiglia, i miei figli. Mi spacco la schiena ma è un lavoro che non tutti potrebbero fare, perché ci vuole un certo tipo di carattere per fare il pescatore“, mi ripete, corrugando le sopracciglia e risaltando un’infinità di rughe tagliate dal sale marino e dal sole violento. Ho la sensazione che alla parola “carattere” avrebbe voluto dire “sensibilità”, ma resto silenzioso.

Gli occhi mi guardano imperscrutabili, ma onesti. Celesti come il cielo poco prima che si annuvolasse. Ho chiesto a lui cosa ne pensasse della vicenda delle imbarcazioni umanitarie, delle morti del Mediterraneo, delle leggi del mare: spesso si chiedono pareri a uomini in giacca e cravatta, a studiosi, a giornalisti, ad avvocati. Tutto virtuoso, ma chi può rispondere meglio di un pescatore che vive davvero il mondo del mare?

Non mi è mai capitato, in quarant’anni, di salvare un’imbarcazione in avaria. Se dovesse capitarne l’occasione, lo farò: il mare ha leggi secolari, leggi non scritte ma incise nella pietra miliare della storia stessa dell’umanità.
Se un uomo rischia di annegare, un pescatore tenderà sempre la mano per alzarlo e portarlo verso la barca. Sempre.
Come può un uomo lasciare annegare un altro uomo?
E’ un atto contro natura, una violazione, come l’omicidio. Farlo vuol dire macchiarsi l’anima di nero, violentare l’anima, stuprarla. Vuol dire voltare le spalle dall’altra parte.
Un pescatore rispetterà sempre il mare e le sue leggi: sono leggi di morale, di civiltà e di fratellanza. Si, fratellanza. Le rispetterà sempre, perché gli sono state insegnate e tramandate da generazioni su generazioni
“.

Il Mediterraneo – aggiunge – si ribellerà, è diventato un cimitero: quando ritiro le reti e sento di naufragi, prego di non trovarvi resti umani. Ad alcuni pescatori è capitato, non è fantascienza: hanno trovato pezzi scarnificati di essere umani, solo il dorso. Niente gambe, niente braccia. Abbandonati al mare, alla violenza della natura: i pesci se li sono divorati.
Che umanità è questa?
“.

Mi chiedo solamente come si può ordinare di lasciare inascoltato un grido di aiuto di una persona che sta morendo.
Due anni fa, sempre in Sicilia, un pescatore siciliano ha salvato in piena notte dei migranti: io avrei fatto la stessa cosa, lo posso giurare davanti a Dio. Io voglio continuare a guardare negli occhi mio figlio, non voglio abbassare lo sguardo dalla vergogna perché ho lasciato morire in mare un poveraccio. Noi non dobbiamo e non possiamo essere peggiori degli animali. Io, da essere umano, posso non aiutare un mio simile? Posso vedere un uomo che grida disperato e restare sordo al suo grido d’aiuto?

Mentre lo ascolto non posso fare a meno di pensare che negli ultimi mesi, la situazione inerente i respingimenti è peggiorata: il Ministro Lamorgese ne ha attuati di più del precedente collega Salvini. Dal 9 ottobre al 21 dicembre 2020 sono state fermate sette ONG contemporaneamente, superando il “record” dell’ex Ministro leghista che si è fermato a quattro [1].

Questo s’inserisce in un quadro, ormai ben noto, di politiche volte ad affrontare i problemi non alla radice. Ma con scorciatoie che portano in desolanti vicoli ciechi.
Dal memorandum Italia – Libia, stipulato e poi rinnovato nonostante la piena coscienza di firmare un accordo con anche milizie mafiose, come quelle di Bija e dei fratelli Koshlaf. Nonostante pochi giorni prima del rinnovo, da Tripoli, pubblicavano una normativa con la piena parvenza di dichiarazione di guerra alle navi ONG. E quindi all’Europa [2].

I nostri figli, anzi i vostri, – continua Totò – chiederanno conto per tutto questo. Per questo silenzio, per questi massacri, per questa disumanità.
Non si tratta di accoglienza, o almeno non solo di questo, si tratta di valori. E soprattutto di leggi superiori: la legge del mare.
La legge del mare ha centinaia di anni, è fatta di regole non scritte, di occhiate, di sguardi, di codici impliciti ma severamente da seguire: il soccorso rientra in questa sfera. Qui stiamo regredendo, mettere in discussione il soccorso è regressione totale
“.

La situazione ovviamente è molto più grande, riguarda tutti gli Stati membri UE e le sue politiche di controllo dei confini e di esternalizzazione delle frontiere: un modello che ha delle tappe precise. Novembre del 2015 con il summit a Malta per contenere le migrazioni dall’Africa, l’accordo del marzo 2016 da 6 miliardi per bloccare 3,2 milioni di siriani in Turchia [3].

E poi tanti accordi bilaterali e affari con il regime turco che in questi giorni sta sferrando un nuovo attacco contro le donne [4], come la Francia che smercia armi per un miliardo di euro [5], o la Germania che sborsa 500 milioni di euro per bloccare i migranti e costruire centri detentivi [6], oppure i 32 milioni sull’asse Berlino-Ankara per finanziare la cupola di Bija sedicente Guardia Costiera [7].

Non c’è legge che tenga a questo“, conclude Totò. “Possono fare leggi, normative, fogli e fogliettini: un vero pescatore salverà sempre una persona in difficoltà. L’ha fatto mio padre prima di me. E prima di mio padre, mio nonno. E prima di mio nonno, il mio bisnonno. Generazioni su generazioni: non sarò certo io a venire meno a questo. Gesù Cristo non ha scelto per caso, come suoi apostoli, dei pescatori: sapeva che un pescatore ha dei valori ferrei, una morale incorruttibile. E questo va al di là se uno crede oppure no, citando il cantante De André che disse che Gesù Cristo è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Una visione d’altri tempi magari quella di mio padre e di mio nonno, ma tempi in cui salvare una vita umana era naturale e non effrazione. Non reato. Se salvare persone significa essere datati, allora sono vecchio stampo. Sulle coste calabresi è capitato che sbarcassero dei migranti: hanno trovato coperte calde, vestiti, mangiare. La gente non li ha respinti”.

Note

[1Con Salvini al Viminale le ONG sono rimaste in mare 67 giorni ed hanno atteso 263 giorni un posto di sbarco sicuro. Con Lamorgese sono rimaste in mare 289 giorni con attesa di un POS di 157 giorni: https://www.corriere.it/cronache/21_marzo_14/migranti-lamorgese-ha-bloccato-piu-navi-ong-salvini-bfccb68c-8432-11eb-ae38-084646f2f8da.shtml

[2Trattasi del decreto n° 1034/2019, scritto interamente per intimorire le ONG ed inviato anche all’Italia. Composto da 19 articoli ha come obiettivo intralciare le operazioni di salvataggio delle imbarcazioni umanitarie e portare le stesse nei porti libici al fine del sequestro.
Veniva previsto che “le organizzazioni interessate a collaborare nella ricerca e salvataggio marittimo devono presentare una domanda di autorizzazione” e “devono fornire periodicamente tutte le informazioni necessarie al centro di coordinamento libico per il salvataggio in mare (LMRCC)”.
Inoltre “in caso d’ingresso, per i casi emergenziali e speciali, nelle acque territoriali libiche, si può ricevere assistenza immediata previo autorizzazione e supervisione del centro (LMRCC)”. Ogni intervento in mare deve avere il beneplacito della Guardia costiera libica e i capitani di ogni nave devono notificare il proprio intervento, le imbarcazioni che vengono utilizzate dalle ONG vengono definite di “contrabbando” e quindi consegnate allo Stato libico, nonché portate davanti la Procura pubblica libica (Art. 6, 7, 8, 9 del Decreto libico 1034/2019).

[3Come i siriani siano stati accolti è stato denunciato da Melting Pot Europa nell’inchiesta Io non ho sogni: https://www.meltingpot.org/Io-non-ho-sogni-L-accordo-UE-Turchia-genesi-applicazione.html

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