Melting Pot in questo suo articolo di giovedì 4 febbraio 2021 riporta la nostra attenzione sulla rotta dei migranti che cercano di raggiungere la Francia valicando la catena alpina.
Resta estremamente critica la situazione dei migranti che tentano di attraversare la frontiera alpina nord-occidentale diretti in Francia. Come già denunciato da Medici per i Diritti Umani (MEDU) a novembre, il flusso dei migranti è considerevole e composto nella maggior parte dei casi da intere famiglie con bambini anche molto piccoli (da luglio a dicembre sono arrivati in Francia circa 390 minori, di cui il più piccolo aveva solo 14 giorni).
Si stima che ad Oulx siano transitate tra settembre a dicembre oltre 4.700 persone, nella maggior parte dei casi provenienti dall’Afghanistan (44%), dall’Iran (23%), dall’Algeria (8%) e in minima percentuale dalla rotta del Mediterraneo centrale.
Arrivano in condizioni fisiche e psicologiche estremamente precarie a causa della durezza del viaggio e delle violenze subite, in particolar modo lungo la rotta balcanica. La neve e le temperature rigide della stagione invernale rendono particolarmente rischioso l’attraversamento della montagna – per la possibilità di perdersi o di essere travolti da valanghe, il rischio di ipotermia – e i salvataggi in quota sono quotidiani.
Inoltre, la crescente militarizzazione della frontiera francese obbliga coloro che tentano l’attraversamento a scegliere percorsi più lunghi e pericolosi, aumentando il rischio di incidenti. A ciò si aggiungono l’aumento dei controlli, i frequenti episodi di intimidazione e criminalizzazione dei soccorritori e la prassi della polizia di frontiera di respingere i migranti in modo sistematico senza permettere loro di presentare domanda di asilo, di richiedere protezione in quanto minori o di accedere a un soccorso medico. Tali pratiche di respingimento trovano complementarietà e assonanza con ciò che avviene da parte italiana alla frontiera Est a Trieste, dove la catena dei ritorni forzati procede fino in Bosnia.
La rete di accoglienza vive in Italia una situazione di costante emergenza. Sui due versanti alpini sono presenti tre rifugi, ma tutti rischiano la chiusura o lo sgombero imminente. Il Refuge Solidaire di Briançon accoglie le persone che sono riuscite a varcare la frontiera dopo ore di marcia nella neve a temperature rigidissime, spesso in condizioni di ipotermia o con inizio di congelamento agli arti.
La rete dei maradeurs, i soccorritori volontari che tentano recuperare i dispersi in montagna, conta più di 200 persone. Sul versante italiano, a Oulx sono presenti due rifugi: Il rifugio Fraternità Massi-Talità Kum, con una disponibilità effettiva di 40 posti e aperto esclusivamente dalle 16 del pomeriggio alle 10 del mattino. Offre assistenza notturna prevalentemente a coloro che vengono respinti dal Monginevro o dal Frejus e accompagnati dalla polizia o dalla Croce Rossa. Infine, la casa cantoniera autogestita Chez JesOulx ospita la maggioranza dei migranti in arrivo, in media 30 persone ogni giorno, con picchi di 80 nei mesi di maggiore affluenza.
Da settembre a dicembre 2020, nel rifugio autogestito sono state accolte più di 3.500 persone e nel centro Fraternità Massi-Talità Kum circa 1.200. Il preannunciato sgombero della casa cantoniera da parte della Prefettura comporterebbe, con ogni probabilità, il sovraffollamento dell’unica struttura disponibile o peggio, lascerebbe in strada uomini, donne e bambini a temperature che ne metterebbero a rischio l’incolumità.
Per quanto riguarda la condizione sanitaria della popolazione in transito, è possibile parlare di una vera e propria emergenza. Moltissime sono infatti le famiglie, spesso con donne in stato avanzato di gravidanza, e i bambini. Da ottobre a dicembre 2020, il transito di donne in gravidanza è stato quasi quotidiano: alcune al settimo e ottavo mese, alcune prossime a partorire, con difficoltà a camminare, alcune con contrazioni, altre con perdite ematiche, altre ancora con evidenti stati di depressione.
L’emergenza però non riguarda solo donne e bambini. Molti sono infatti gli uomini che arrivano con patologie ortopediche e con infezioni agli arti inferiori, dovuti alle percosse e alle violenze subite in Croazia e alle lesioni causate dall’attraversamento della cosiddetta “Jungle” balcanica. Inoltre, sono frequenti anche i casi di congelamento degli arti inferiori e superiori. Risulta poi particolarmente rilevante la questione delle sofferenze psicologiche, nella maggior parte dei casi di presumibile natura post-traumatica.
Nonostante la gravità della situazione, esasperata dalla mancanza di una risposta sanitaria adeguata, dall’affollamento dei luoghi d’accoglienza informali, dalle temperature rigide, non è ancora stata approntata dalle istituzioni dei due versanti delle Alpi una risposta adeguata. Di fatto, le istituzioni hanno lasciato ad attivisti e volontari l’onere di assistere le migliaia di persone che transitano, senza assumersi la responsabilità di gestire questa emergenza che è innanzitutto di carattere umanitario.
In considerazione della gravità della situazione descritta, MEDU chiede:
La massima collaborazione tra volontari, associazioni ed istituzioni nel predisporre con urgenza un piano di accoglienza rispettoso dei diritti umani delle persone in cammino e dei loro bisogni sanitari in una situazione di gravissima emergenza;
Il potenziamento delle strutture di accoglienza a bassa soglia esistenti e l’apertura del rifugio Fraternità Massi-Talità Kum di Oulx 24 ore su 24;
Evitare lo sgombero della casa autogestita, che causerebbe pericolose situazioni di sovraffollamento nell’unico rifugio rimanente o che, vista la limitata capienza dello stesso e l’apertura solo serale e notturna, lascerebbe in strada donne, uomini e bambini, mettendo a rischio la loro incolumità;
L’allestimento di un presidio medico accessibile a tutti i migranti, indipendentemente dallo status giuridico, che fornisca assistenza medica di base, ma anche, data la composizione dei flussi, un’attenzione ginecologica e pediatrica;
Un’informazione puntuale sia riguardo i pericoli derivanti dall’attraversamento della frontiera e la richiesta di soccorso sia in merito all’accesso alla protezione internazionale.
Per saperne di più leggi il rapporto completo di Medici per i Diritti Umani (MEDU)