Dopo la vicenda del piccolo di 4 anni che vagava smarrito, e che non è stato riconosciuto da nessuna delle due madri con figli arrestate dalle autorità messicane nella zona, un’altra notizia agghiacciate dal confine: due bambine ecuadoriane, di 3 e 5 anni sono state portate in cima alla barriera e lasciate cadere in territorio statunitense. Un gesto volontario, compiuto a notte fonda e documentato dalle telecamere di sorveglianza.  Riportiamo un articolo di Lucia Capuzzi apparso il 2 aprile su Avvenire.

 

 

Il corpo si protende fino al limite consentito dalla gravità. A cavalcioni sulla sottile barriera metallica innalzata per 4,2 metri tra la statunitense Santa Teresa e la messicana San Jerónimo, il giovane si sporge quanto può. Teso al massimo, il braccio oscilla per una frazione di secondo, poi la mano si apre e la piccola cade sulla sabbia fredda del deserto del Chihuahua di notte. Sembra di sentire il tonfo sordo, pur in mancanza di audio. Subito, la sagoma più grande fa un identico movimento e un’altra bambina cade nel vuoto. Catturata da una telecamera di sorveglianza della Border patrol (polizia di frontiera Usa), la scena ha fatto il giro del mondo. Provocando sconcerto, incredulità, talvolta indignazione.

La responsabile degli agenti in servizio a El Paso (di cui Santa Teresa fa parte), Gloria Chavez, si è detta «costernata» dal modo in cui le bimbe – due sorelline di nazionalità ecuadoriana di tre e cinque anni – sono state “spostate” da un lato all’altro del confine da «individui senza scrupoli». Fortunatamente – ha aggiunto – le bimbe sono state prontamente localizzate e prese in custodia dalle autorità Usa e non hanno subito danni nella caduta. Ma sarebbe potuta andare male. Un’eventualità affatto remota. Meno di una settimana fa, una guatemalteca di 9 anni è stata risucchiata dalle acque del Rio Bravo mentre lo attraversava insieme alla madre. La donna ha cercato di afferrare la figlia prima che scomparisse ma, con un neonato in braccio, non è riuscita a raggiungerla. Un mese prima era toccato a un honduregno di nove anni. La tragedia avrebbe potuto ripetersi ieri se gli agenti non si fossero imbattuti per caso in un fagotto abbandonato nel fiume che lambisce la frontiera: era una bimba di sei mesi. I pericoli sono ben noti ai latinoamericani e, soprattutto, ai centroamericani, protagonisti dell’esodo. Eppure i baby-migranti continuano a bussare alle porte degli Usa al ritmo assurdo di 550 al giorno nel mese di marzo. Altre migliaia sono in viaggio più a Sud, nelle giungle del Darién, tra Colombia e Panama, dove il loro numero si è moltiplicato per quindici nel giro di tre anni. A inviarli, con un dolore indescrivibile, sono gli stessi genitori. Alcuni cuciono addosso ai piccoli i pochi risparmi e li spediscono all’avventura. La gran parte ipoteca la casupola e la terra, chiede prestiti a chiunque, si consegno a usurai senza scrupoli, pur di assoldare un coyote, ovvero un trafficante di esseri umani, che accompagni il o i figli nei 7mila chilometri di viaggio verso Nord. Il “biglietto” costa caro: anche 7 o 10mila dollari, a seconda delle condizioni offerte. Per cautelarsi, il coyote o pollero riceve l’ultima metà della quota a passaggio avvenuto. Non è detto, però, che non fugga prima col denaro ricevuto, abbandonando il piccolo per strada. Nemmeno i trafficanti più affidabili danno garanzie. Il Messico, punto di passaggio obbligato, è in buona parte sotto il controllo dei narcos per cui i sequestri di migranti sono un gran business collaterale. Madri e padri, tuttavia, continuano a spingere i figli verso Nord. Non hanno scelta: sperano di dargli un’opportunità di vita. Una speranza che, dalla Shoah alla migrazione mediterranea, accompagna ogni grande tragedia.

Congelato l’anno scorso dalla pandemia, il flusso verso gli Usa è ripreso con forza da gennaio. Complice, certo, il cambio alla Casa Bianca e l’abbandono della narrativa muscolare dal nuovo inquilino Joe Biden. Mentre la frontiera resta blindata per il Covid e anche i richiedenti asilo sono immediatamente espulsi, quest’ultimo ha concesso una deroga ai minori non accompagnati. I quali vengono accolti nelle strutture Usa o affidati a un parente. L’ammorbidimento può aver contributo all’incremento. La migrazione, però, ha radici profonde. Non si tratta più di inseguire il sogno americano bensì di fuggire dall’incubo di violenza e miseria in cui è precipitata l’America centrale a causa del binomio perverso tra corruzione e criminalità. Solo per citare un esempio eloquente, Tony Hernández, fratello dell’attuale presidente dell’Honduras, è stato appena condannato negli Usa per narcotraffico. Non a caso, Biden ha condizionato il pacchetto speciale di aiuti al Centroamerica da 4 miliardi l’anno, alla lotta alle mazzette. Il processo è lungo e incerto.

Nel frattempo, la Via Crucis dei piccoli migranti si ripete, giorno dopo giorno, per le vie impervie d’America. Alimentata dalla speranza che anche per loro ci sia la vita ad attenderli.

 

 

Leggi anche l’articolo di Fabrizio Peloni “Lo sradicamento dei minori” apparso su L’Osservatore Romano il 2 aprile scorso.

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