Inizia con un approfondimento giuridico da parte di Lorenzo Trucco, presidente di ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, la mattinata del Festival dedicata al futuro del diritto di asilo in Italia e in Europa.

Un intervento accorato, quello di Trucco, che unisce l’insofferenza e la rabbia personale all’indignazione professionale verso i decreti emanati dal Governo Meloni nel 2023.

Ben 5 sono, infatti, gli interventi legislativi a livello italiano rispetto al diritto di asilo solo quest’anno: il Decreto Piantedosi (il cosiddetto Decreto ONG, che appesantisce l’attività e la libertà di azione di queste ultime); il decreto di marzo sui paesi di origine sicura (passato quasi inosservato, ma che definisce una lista di paesi di origine cosiddetti “sicuri” e condanna le persone provenienti questi paesi al trattenimento in CPR  e ad una procedura accelerata in Commissione Territoriale); la famigerata legge 50, meglio conosciuta come “decreto Cutro”, che abolisce la protezione speciale per motivi di integrazione e smantella, di fatto, il sistema di accoglienza straordinaria dei CAS prefettizi che possono offrire solo servizi minimi di sostentamento ma non più servizi volti all’inclusione sociale (corsi di lingua italiana, tirocini formativi, attività sociali per l’integrazione etc.); il decreto di settembre che sancisce, per chi è senza documenti con decreto di espulsione, la detenzione nei CPR fino a 18 mesi e impone una tragicomica garanzia fidejussoria personale che i migranti dovrebbero stipulare per evitare di essere rinchiusi nelle strutture di detenzione.

Grande attenzione del Governo, quindi, alla questione migratoria: pretesa di pugno di ferro che, però, viene smentito nei suoi effetti dalla incapacità di governare i flussi in arrivo.

Trucco sottolinea anche come le azioni di Governo segnino una distanza politica abissale dai valori della Costituzione Italiana, in particolare dall’art. 10 sul diritto d’asilo votato all’epoca all’unanimità, distanza che indica l’enorme ignoranza su cosa sia il fenomeno migratorio che è complesso, e anche la miopia e la perdita rispetto al potenziale intellettuale che la migrazione porta.

Grande perplessità anche per l’idea di potenziare e diffondere i CPR, ovvero i famigerati Centri di Permanenza per il Rimpatrio, luoghi di non diritto dove è prevista la detenzione per persone che non hanno commesso alcun reato. Luoghi che impongono una politica repressiva assolutamente inutile, considerato che i rimpatri sono onerosi e che sono pochissimi gli accordi bilaterali con i Paesi d’origine necessari per rispedire indietro le persone: richiedono un investimento economico elevato (si stimano tra gli 8 e i 9 mln l’anno serviti per rimpatriare una media di poco più di 5.000 migranti, appena il 20% di coloro che hanno ricevuto un decreto di espulsione*) che potrebbero essere investiti in progetti di inclusione.

(Miriam Carretta su “La Voce e il Tempo” 8/10/2023)

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