Lo Ius scholae, letteralmente “diritto di scuola”, è una possibile riforma che lega la cittadinanza italiana al compimento di un ciclo (o più) di studi in Italia.

Da anni in Italia si attende una riforma sostanziale della legge sulla cittadinanza e in queste ultime settimane il dibattito sul tentativo di riforma è tornato a far parte dell’agenda politica.

Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha affermato nelle scorse settimane di avere l’intenzione di lavorare su una proposta di legge che affronti il tema della concessione della cittadinanza in Italia. Durante un incontro a Bruxelles il 29 agosto, Tajani ha sottolineato l’importanza di riformare sia lo Ius Scholae sia lo Ius Sanguinis, in modo da garantire una maggiore equità e coerenza nelle norme sulla cittadinanza.

A commentare la riapertura del dibattito politico è Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara, presidente della Fondazione Migrantes della Cei, che non ha dubbi sul fatto che la legge sulla cittadinanza vada oggi rivista e aggiornata. «Sul piano generale, sarei più favorevole allo Ius soli, perché la Terra è di tutti. Ma sul piano politico credo sia possibile oggi la convergenza sullo Ius scholae. È un atto di intelligenza culturale, politica e sociale lavorare insieme su questo, una grande opportunità per valorizzare un capitale umano di studenti e famiglie».

«La cittadinanza, come la natalità – continua Mons. Perego -, è un tema fondamentale per la rigenerazione di un Paese tra i più vecchi d’Europa. Riguarda in questo momento molte persone che sono arrivate nel nostro Paese per i ricongiungimenti familiari, anche se con molta fatica perché la legge attuale non li facilita». Ci sono infatti circa 900 mila bambini nelle scuole italiane e arrivi continui di ragazzi. «Parliamo di 2,5 milioni di lavoratori e di altrettante famiglie che intendono scegliere questo Paese e l’Europa come loro patria. Rivedere lo strumento della cittadinanza è fondamentale».

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