L’Osservatore Romano ha pubblicato sabato 12 giugno 2021 – in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile – un articolo (che qui riportiamo integralmente) di grande interesse e, purtroppo, anche di attualità. Silvia Camisasca ha incontrato, Sandra Zampa, relatrice della prima indagine
sulla povertà minorile presentata al parlamento italiano, e da questo colloquio emerge la necessità di una profonda riflessione sulla condizione infantile nel suo complesso. 

 

A livello mondiale all’istruzione sono stati sottratti, a causa della pandemia, 112 miliardi di giorni: ogni bambino ha mediamente perso 74 giorni di scuola, pari a oltre un terzo dell’intero anno globale di 190 giorni. In assenza di interventi, ci sarà una perdita di apprendimento equivalente a 0,6 anni di scuola e un aumento del 25 per cento della quota di bambini della scuola secondaria inferiore sotto il livello minimo di competenze. A patirne maggiormente le conseguenze sono i bambini più poveri, per i quali alla perdita di apprendimento è associata una maggiore esposizione a fenomeni di sfruttamento, quali soprattutto il lavoro minorile, ma anche i matrimoni precoci e altre forme di abuso, oltre al rischio di rimanere intrappolati nel vortice dell’esclusione e della criminalità.

Per questo, in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile occorre una profonda riflessione sulla condizione infantile nel suo complesso. È più che auspicabile una mobilitazione, a livello planetario, affinché sia scongiurato un impatto irreversibile sul futuro di milioni di minori, garantendo loro — quanto più diffusamente — condizioni di vita sicure e accesso ai servizi sanitari ed educativi.

È una realtà che non risparmia neanche l’Italia, anche se in forme diverse e in maniera molto meno marcata di quanto accade nei paesi in via di sviluppo. La prima indagine conoscitiva sulla povertà minorile in Italia fu avviata dal Parlamento italiano nel 2013. Le evidenze che ne emersero furono di enorme preoccupazione: si parlò di un’emergenza nell’emergenza. Un milione di bambini in condizioni di povertà tra assoluta e relativa. Relatrice del documento conclusivo consegnato alle Camere fu Sandra Zampa, il cui percorso — come testimoniano il curriculum parlamentare e l’impegno sul fronte sociale ed educativo — è avvenuto nel segno della tutela dei diritti dei minori.

«È da salutare come un fatto davvero positivo – afferma Sandra Zampa – che il Piano nazionale di ripresa e resilienza del Next generation dell’Unione europea contenga un capitolo di intervento a favore delle politiche per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani. Tuttavia, non si può ignorare che il sistema si muova troppo lentamente e che, quando ci si muove nell’ambito delle tematiche dell’infanzia e dell’adolescenza, il tempo non possa essere considerato una variabile indifferente. Basti pensare ai primi mille giorni di vita che determinano lo stato di salute della persona, dall’infanzia alla vecchiaia».

È stato un anno drammatico per i bambini in tutto il mondo. Hanno vissuto l’isolamento, la solitudine e, molti di loro, hanno sperimentato per la prima volta il dolore e il lutto. Hanno respirato in casa il senso di angoscia e hanno fatto i conti con la malattia. Tutto ciò, sommato alle situazioni già di profondo disagio di tanti adolescenti, lascia inevitabilmente ferite che abbiamo la responsabilità di curare.

I nostri bambini, i nostri ragazzi vanno ascoltati, accolti, sostenuti intervenendo sulle disuguaglianze che fanno male prima di tutto a loro e alle loro vite, ma anche, a saper guardare con lungimiranza alla questione, al Paese. Non penso solo ai costi della salute compromessa, anche dalle disuguaglianze di accesso al sistema sanitario (non è sufficientemente — noto — il dato secondo cui il 35 per cento dei neonati italiani, quelli del mezzogiorno, ha un rischio di decesso maggiore del 47 per cento rispetto ai neonati del nord est del Paese), ma alle mancate occasioni di crescita del Paese, causate dal divario di competenze nel mondo globale.

Altri dati confermano che dobbiamo “correre” nel mettere a sistema le risorse per il Next Generation.

Li ha diffusi l’Europa che ha deciso di rivolgere ai Paesi membri contraddistinti da un tasso di povertà minorile superiore alla media europea una raccomandazione del Consiglio Europeo sulla Child Guarantee, con la previsione che il 5 per cento delle risorse del Fondo sociale europeo (Fse) sia impiegata a ridurre la deprivazione di bambini e adolescenti. Stupirà, ne sono certa, che l’Italia si trovi a essere annoverata tra i Paesi con una povertà minorile superiore alla media europea. E negli anni trascorsi, dal 2014 a oggi, mi sono spesso domandata come fosse possibile ignorare una realtà così drammatica. Più di una voce autorevole, quelle di esperti e associazioni per la tutela dell’infanzia, si è levata, ma inutilmente o quasi. Confesso di avere avuto talvolta la sensazione di vivere in un film muto, recitato da attori dalla voce impercettibile all’esterno.

La Child Guarantee, in effetti, ha fotografato una situazione molto netta, mettendo nero su bianco una drammatica realtà.

Nel 2018, il 22,2 per cento dei minori in Europa erano a rischio di povertà ed esclusione sociale (nel 2019, il 20,9 per cento). L’Italia risulta sopra la media con il 25,6 per cento nel 2019. Nel 2020 è esplosa la pandemia da covid-19. Per bambine, bambini e adolescenti il prezzo è salatissimo: per loro l’emergenza sanitaria si è trasformata in emergenza sociale. Per tutti basti il dato degli accessi al pronto soccorso pediatrico per atti di autolesionismo o tentativi di suicidio: triplicati. Oggi possiamo contare su 20 milioni di euro stanziati dal decreto sostegni bis da destinare ai ragazzi con disturbi psicopatologici. Ma la partita da giocare è assai più ambiziosa, se vogliamo davvero dare alla Next generation la stessa opportunità che la generazione della ricostruzione post bellica ha avuto: dobbiamo fare in modo che quel capitolo di intervento del Pnrr destinato a politiche per l’infanzia e l’adolescenza, sia declinato in azioni e misure nuove, una vera implementazione della garanzia per l’infanzia, misurabile dal punto di vista dell’efficacia, in grado di intervenire sulle disuguaglianze tra i territori e su quelle di censo familiare. Solo così mostreremo loro che sono parte indispensabile della ricostruzione e del futuro.

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