Martedì 11 aprile il Consiglio dei Ministri ha preso la decisione di stanziare fondi e affidare poteri straordinari a Palazzo Chigi. Ma come saranno usati? Con quale finalità? Su questa risoluzione del CdM riportiamo l’articolo pubblicato da Avvenire mercoledì 12 aprile 2023 a cura della loro Redazione Internet e di Gia. Ber.
Su proposta del Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il governo ha deliberato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo.
Lo stato di emergenza, sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro, avrà la durata di sei mesi. Questo provvedimento permette di stanziare fondi ad hoc ma anche di attribuire poteri straordinari al governo, che può, quindi, emanare ordinanze derogando alle norme in vigore.
Secondo fonti governative la dichiarazione dello stato di emergenza consente di assicurare risposte più efficaci e tempestive sul piano della gestione dei migranti e della loro sistemazione sul territorio nazionale. Le stesse fonti evidenziano che il numero degli sbarchi è largamente superiore rispetto al passato.
E ancora si fa presente che lo stato emergenziale potrà essere usato per velocizzare i respingimenti. Questo però, ecco i dubbi di chi si occupa dei migranti e della loro accoglienza, potrebbe essere usato per mettere in atto espulsioni facili, magari senza considerare bene lo status legale o la situazione umana di chi è arrivato in Italia fuggendo da situazioni di guerra, fame, persecuzione, grave degrado umano o civile.
Resta da vedere come sarà applicato e con quali obiettivi. Non sempre le esperienze di stato di emergenza del passato hanno conseguito risultati realmente positivi.
“Abbiamo aderito volentieri alla richiesta del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ben consapevoli – ha detto Musumeci – della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300%. Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo a un intervento consapevole e responsabile dell’Unione Europea”.
Negli ultimi 20 anni lo stato di emergenza è stato dichiarato ben 128 volte. In genere è legato a eventi di natura meteorologica o a terremoti. Venne dichiarato anche per la pandemia da Covid, permettendo di limitare la libertà personale degli italiani per motivi sanitari.
“Credo che la dichiarazione dello stato di emergenza da una parte possa essere utile per accelerare azioni di trasferimento di persone che in maggiore misura in questo anno, tre volte tanto, stanno raggiungendo soprattutto le coste di Lampedusa. Non deve però questo stato di emergenza far dimenticare un fatto: il sistema di accoglienza in Italia ha bisogno di essere rafforzato e al tempo stesso non bisogna dare la percezione che i migranti, i rifugiati che stanno arrivando sono un problema emergenziale, nel senso che non possiamo non approfondirlo e affrontarlo all’interno di un contesto magari più ampio e più attento. Non dimenticando poi che l’emergenza costa molto di più rispetto al normale affrontare l’accoglienza”. Lo ha affermato a Radio Vaticana Monsignor Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, durante la trasmissione Il Mondo alla Radio.
“Quindi da questa parte credo che in questo momento debba essere valutata con molta attenzione se occorrono degli strumenti straordinari, o se non si debbano da una parte mettere in atto una serie di azioni ulteriori rispetto a quelle già in atto per lo sgombero di Lampedusa – ha aggiunto Perego – E al tempo stesso, che è l’aspetto veramente più importante e necessario, rafforzare e ampliare il piano di accoglienza nelle diverse regioni italiane”
Affrontare con mezzi e poteri straordinari una calamità, dalle crisi umanitarie agli eventi naturali come terremoti o alluvione. E’ questo l’obiettivo cella dichiarazione di “stato di emergenza”: un atto amministrativo regolato dal Codice di Protezione civile che va deliberato dal Consiglio dei Ministri su proposta del presidente del Consiglio, così come è avvenuto in queste ore per l’eccezionale incremento dei flussi di migranti attraverso le rotte del Mediterraneo,
Al momento in Italia sono in vigore circa una ventina di provvedimenti questo tipo, dall’emergenza dei profughi dell’Ucraina a diversi casi di alluvione, spesso decisi anche dopo la richiesta del presidente di una Regione o di una Provincia autonoma interessata. L’unico precedente in materia di migranti risale invece al 2011 con il governo Berlusconi e prevedeva un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, anche se all’epoca la legge prevedeva norme diverse.
Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7: “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
Con la dichiarazione dello stato d’emergenza può essere nominato un commissario cui spetta il compito di realizzare gli interventi previsti dalla dichiarazione: il superamento dell’emergenza, la riduzione del rischio residuo, il ripristino dei servizi essenziali e l’assistenza alla popolazione. In questo caso si delinea quindi un nuovo assetto temporaneo di poteri, con deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
La delibera stabilisce inoltre uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti e da attingere nel Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non supera i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo: oltre questi tempi va varata una legge attraverso un passaggio parlamentare.
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