“Sono scappato dal Medio Oriente per iniziare una vita normale. Invece mi sono ritrovato abbandonato”, racconta Harun, un giovane che si trova in Grecia e che lotta ancora oggi con il problema della dipendenza da psicofarmaci e altre sostanze. “Ormai non credo più in nulla. Tengo duro solo per mia madre, ma ho già tentato il suicidio. La questione non è dove e da chi prendiamo gli psicofarmaci, ma perché li assumiamo”.
Comincia così il reportage di Linda Caglioni, Lucrezia Lozza e Lavinia Nocelli pubblicato in due puntate sul quotidiano Avvenire che racconta l’abuso di psicofarmaci lungo la rotta balcanica. “Lungo la rotta, il fenomeno dell’abuso cresce e si sviluppa anche al di fuori delle strutture ufficiali, come ad esempio attraverso reti di criminalità organizzata o nelle carceri – scrivono le giornaliste nel primo articolo del reportage -. La larga distribuzione è inoltre facilitata dalle farmacie, che in molti casi vendono antidepressivi e tranquillanti senza ricetta. Ad Atene, nel noto quartiere dello spaccio di Omonia, un farmacista ci ha venduto senza chiedere alcuna prescrizione una scatola di Tramadol, un antidolorifico oppioide, e sono molte le voci che confermano che si tratti di un’abitudine diffusa”
Anche una volta arrivati in Europa l’utilizzo di psicofarmaci è massiccio, per “gestire” i migranti, soprattutto nei centri per il rimpatrio (CPR): lo racconta la seconda puntata del reportage di Avvenire