Dal 2021 il Regno Unito sta lavorando per inviare i richiedenti asilo in Rwanda: nessun richiedente è ancora partito per l’Africa e il provvedimento è stato bloccato da numerosi Tribunali, ma il progetto non è ancora stato archiviato.
Nell’edizione online del 5 ottobre 2023, The Guardian ospita la dettagliata ricostruzione della controversa vicenda che vede il governo britannico impegnato nella politica di trasferimento in Ruanda dei migranti non ammessi nel Regno Unito.
A partire dal 2020, cresce il numero di coloro che attraversano irregolarmente il Canale della Manica: nei primi tre mesi del 2023 raggiungono i 36.000, quasi il doppio del numero registrato nello stesso periodo del 2022. Per fronteggiare il fenomeno prende avvio la pianificazione del trasferimento dei richiedenti asilo in un Paese lontano. La convinzione è che esso possa avere un impatto dissuasivo sul flusso migratorio proveniente dalla Francia. E ciò nonostante il vertice ammnistrativo del Ministero dell’Interno non nasconda perplessità segnalando come la prova di tale effetto deterrente sia altamente dubbia.
Vengono quindi selezionati gli Stati potenzialmente in grado di ricevere i migranti, con esclusione dei Paesi che non aderiscano alla Convenzione sullo status dei rifugiati (1951), siano coinvolti in guerre o espongano i migranti a effettivi rischi di violazione del diritto internazionale umanitario.
All’inizio del 2021 entra nella lista dei candidati il Rwanda, che sin dagli anni ’90 intrattiene con il Regno Unito strette relazioni e che, nel 2009, viene ammesso nel Commonwealth pur non essendo mai stato una colonia britannica. Invero, come sottolineato da The Guardian, il terzo criterio di ammissibilità stabilito dal Governo per il futuro partenariato, varrebbe di per sé ad estromettere il Ruanda, regime autocratico che sottopone la società a sorveglianza, i media a silenzio e l’opposizione a repressione. Non a caso già nel settembre 2020 un alto diplomatico britannico da Kigali allerta la capitale che” in Ruanda il livello dei diritti umani e la mancanza di spazio politico sono in contrasto con i valori del Regno Unito e del Commonwealth”.
Peraltro gioca a favore del piccolo Stato africano il suo accreditarsi come Paese in costante progresso economico-sociale, dinamico e capace di offrire la propria collaborazione anche per la soluzione di crisi migratorie: risale infatti al 2013 l’accordo raggiunto con Israele per occuparsi di migliaia di rifugiati eritrei che quest’ultimo intende espellere, poi seguito nel 2019 dall’accoglienza di migranti diretti in Europa e bloccati in Libia, nonché nel 2021 dall’intesa – per il momento sospesa- con la Danimarca. Ed inoltre, in Ruanda sono attualmente presenti oltre 130.000 rifugiati provenienti dal Burundi e dal Congo.
Si giunge quindi ad aprile del 2022 quando i governi di Regno Unito e Ruanda firmano un Protocollo di intesa al riguardo. Come si legge nel testo l’obiettivo è creare un meccanismo di ricollocamento dei migranti – le cui richieste di asilo non sono trattate dal Regno Unito-, in Ruanda. Sarà compito di quest’ultimo decidere sulle richieste e disporre conseguentemente l’accoglienza ovvero l’espulsione in conformità alle leggi interne, alla Convenzione sui rifugiati, agli standards internazionali in vigore, al diritto internazionale umanitario ed alle garanzie previste in questo Protocollo. Per il Regno Unito l’impegno finanziario a favore del Ruanda è previsto in 140 milioni di Sterline, pari a oltre 163 milioni di Euro.
L’attuazione del piano viene annunciata già a metà giugno ma proprio nel giorno in cui è programmato il primo trasferimento coattivo di decine di migranti, il volo con destinazione Kigali viene cancellato per l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il caso viene portato a Strasburgo da un cittadino iracheno cui viene notificato l’ordine di trasferimento verso il Ruanda. Il suo iniziale ricorso non viene accolto dall’Alta Corte di Londra che però stima come irrazionale ovvero fondata su un’indagine insufficiente la valutazione fatta dal Governo sul Ruanda quale Paese sicuro.
Negatogli poi l’appello dinnanzi alla Corte Suprema, la persona interessata si rivolge ai giudici europei che in via d’urgenza dispongono invece la sospensione del trasferimento in attesa che la giustizia britannica riesamini il caso. Sulla pur provvisoria decisione della giurisdizione europea, oltre alla dubbia qualità di Paese sicuro, pesano altre due circostanze. Da un lato le preoccupazioni espresse da UNHCR sul fatto che in Ruanda i richiedenti asilo non possono accedere ad una procedura imparziale, equa ed effettiva per il riconoscimento del loro status. Dall’altro la considerazione che se anche la giustizia britannica riconoscesse lo status di rifugiato al ricorrente dopo il suo trasferimento in Ruanda, non esisterebbe comunque alcun efficace dispositivo legale per consentire il ritorno di costui nel Regno Unito.
Come prevedibile, i casi di contenzioso giudiziario si intensificano e nel dicembre 2022, l’Alta Corte ha di nuovo modo di intervenire sulla questione. Questa volta i giudici di Londra concludono che la politica governativa di trasferire i migranti in Ruanda – ove il loro definitivo status verrebbe deciso dalle autorità locali – non viola gli obblighi che sia la legislazione nazionale che la Convenzione sui rifugiati impongono. Nel contempo il collegio non si esime dal rilevare come l’attuazione di detta politica in alcuni dei casi trattati sia carente e che in futuro le richieste di asilo dovranno essere valutate con attenzione per le circostanze individuali dei richiedenti asilo.
Ben più severe, e nella direzione opposta, sono le conclusioni cui, nel giugno 2023, perviene l’Alta Corte di Londra: il Ruanda è Paese non sicuro, espone i migranti all’espulsione verso i Paesi di origine – con il rischio di subire torture o trattamenti inumani e degradanti, e dunque il Regno Unito non può trasferirveli.
Non trascorre neppure un mese e nel luglio 2023 entra in vigore la nuova legge su immigrazione illegale, che inasprisce quella su nazionalità e frontiere approvata nel 2021. E’ il segno ulteriore della forte determinazione del Governo di perseguire nel proprio intento. Del resto il Primo ministro con prontezza fa sapere di disapprovare a fondo l’ultima decisone dell’Alta Corte e di voler portare il caso dinnanzi alla Corte Suprema. Il Ministro dell’Interno aggiunge come tale giudizio sia deludente per la maggioranza del popolo britannico che ripetutamente ha votato per il controllo della immigrazione.
Appena qualche giorno prima del verdetto che gli è sfavorevole, il Governo rende nota la stima del costo economico per il trasferimento dei migranti in Ruanda: si tratta di circa £ 170.000 sterline – pari ad oltre € 198.000 euro- per persona. Peraltro la stessa fonte ha cura di precisare che il costo effettivo unitario sarebbe di sole £ 63.000 in ragione del risparmio di spesa generato dalla non-accoglienza.
L’ultima, per ora, presa di posizione giudiziaria di rilievo risale a metà novembre 2023 quando tutti e cinque i giudici della Suprema Corte – la più alta istanza giudiziaria britannica per gli affari civili – statuiscono come vi siano ragioni sostanziali per credere che la cosiddetta politica del Ruanda è illegittima. E ciò in quanto, in caso di trasferimento dal Regno Unito, i richiedenti asilo correrebbero il rischio reale di maltrattamenti a causa del rimpatrio nel Paese di origine.
Secondo quanto riportato il 4 dicembre 2023 dall’edizione online di The Guardian tre sono le opzioni che il Governo starebbe ora considerando dopo l’ultima ed autorevole sconfessione ricevuta dalla giustizia alla propria politica di trasferimento dei migranti: un vero e proprio Trattato, sostitutivo del Protocollo di Intesa, con maggiori garanzie per i richiedenti asilo, compresa la possibilità che nelle Corti ruandesi siedano anche giudici inglesi; una legge d’emergenza che dichiari il Ruanda Paese sicuro sì da evitare il diverso parere della giurisdizione; ed infine un dossier che provi di fatto come questo Paese non presenti rischi per i richiedenti asilo.
Come ben si vede, la vicenda è ancora lontana da una conclusione che riesca a coniugare il rispetto di persone e regole .
(Alberto Perduca, 11 dicembre 2023)