Il Comune di Torino è stato il primo in Italia a sperimentare un progetto di accoglienza in famiglia di persone rifugiate a cui è stata riconosciuta dal nostro Paese la protezione internazionale.  

Rifugio Diffuso è un progetto di accoglienza che permette ai nuclei familiari e ai singoli cittadini di Torino di aprire le porte delle loro case per dare supporto a giovani rifugiati, accompagnandoli verso la loro indipendenza e la loro autonomia.

Rifugio Diffuso nasce nel 2008 come progetto dell’Ufficio Stranieri del Comune di Torino, prima che si cominciasse a parlare di “invasione clandestina” oppure di “emergenza migratoria” in Italia. Poi, dal 2015 in avanti, il progetto viene gestito esclusivamente dall’Ufficio Pastorale Migranti insieme all’Ufficio Stranieri, che quest’anno festeggia il suo sesto anniversario. Entra così a far parte di un più ampio progetto di accoglienza del Comune di Torino nell’ambito del Sistema di Protezione richiedenti asilo e rifugiati del Ministero degli Interni.

Questo programma si occupa fondamentalmente dell’accoglienza, nelle case delle famiglie torinesi, di rifugiati politici o persone con protezione sussidiaria. Queste famiglie possono offrire accoglienza anche alle persone che sono in attesa di risposta di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria da parte della commissione territoriale italiana e recentemente si è allargato considerevolmente lo spettro delle persone che possono entrare a far parte del progetto, in seguito alle modifiche del decreto sicurezza nel 2018.

Si è parlato di tutto questo lo scorso 24 febbraio, quando sono state rese disponibili in una diretta streaming tramite il canale YouTube dell’“Ufficio Pastorale Migranti Arcidiocesi di Torino” le informazioni per conoscere nel dettaglio tutte le caratteristiche di questo programma, insieme alla condivisione delle esperienze delle persone coinvolte nel progetto.

Una delle particolarità del programma è che le persone accolte devono essere autonome, ossia avere una buona conoscenza della lingua italiana e aver intrapreso un percorso lavorativo o di studio, in modo che le famiglie di accoglienza possano essere partecipi e contribuire con più facilità al percorso formativo e di inclusione. Attraverso la condivisione di principi, di valori, di abitudini, di idee e di momenti di condivisione della propria storia personale, si può creare uno scambio culturale profondo da entrambe le parti.

È molto importante che inizialmente il rifugiato sia autonomo, poiché in questo modo la famiglia ospitante può comunicare e fornire più facilmente degli strumenti formativi per permettere all’ospite di migliorare la sua lingua, apprendere la storia e la cultura locale, aiutandolo dunque a completare, in modo più soddisfacente, il suo percorso verso un inserimento completo.

Lo scopo finale del progetto è costruire una rete di supporto che permetta a queste persone di relazionarsi con la comunità, oltre a creare dei contatti affidabili che possano aiutare la crescita dei ragazzi rifugiati, in modo che prima o poi siano in grado di vivere da soli. Le candidature delle persone o delle famiglie interessate possono essere inviate all’Ufficio Pastorale Migranti o ad altre cooperative in contatto con la prefettura di Torino; le domande verranno valutate e approvate anche dall’Ufficio Stranieri.

Il primo passo è un colloquio con il/la ragazzo/a rifugiato/a ed eventualmente con l’operatore di riferimento. Se ci sono i presupposti per partecipare al progetto e se il primo colloquio ha avuto un esito positivo, è possibile avviare la ricerca della famiglia accogliente attraverso un matching che valuta le rispettive età e l’età dei figli, le caratteristiche degli spazi fisici dell’abitazione e la capacità di relazione tra le persone. Successivamente si prosegue con il colloquio di conoscenza dal vivo tra le parti coinvolte e, in caso di esito positivo, si avvia il processo burocratico per l’accoglienza.

Il programma ha una durata da 6 a 12 mesi e alle famiglie viene erogato un contributo per coprire le spese di vitto e alloggio del rifugiato. Inoltre, il ragazzo/a riceve un pocket money per frequentare dei corsi universitari, un abbonamento per utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici per la durata del progetto, la possibilità di frequentare dei corsi di perfezionamento a prezzo ridotto e il pagamento delle spese dei servizi sanitari.

Una volta raggiunta l’autonomia, la persona rifugiata può ricevere degli aiuti economici per affrontare le prime spese di un nuovo alloggio, degli acquisti di nuovi mobili e per sostenere gli studi universitari e completare il suo percorso di integrazione e di indipendenza.

Il prossimo mese inizieranno i nuovi incontri per le famiglie, per le coppie e per i singoli cittadini che vogliano far parte di “Rifugio Diffuso”. Coloro che sono interessati potranno inviare la propria candidatura via mail all’indirizzo rifugiodiffuso@upmtorino.it e seguirà un invito per realizzare un primo incontro.

L’incontro è pensato per un confronto iniziale sulle aspettative della famiglia, per informare sullo stato dell’accoglienza in Italia e sulla situazione economico-sociale in cui si ritrovano i rifugiati, oltre che per offrire un incontro con le famiglie volontarie che desiderano portare le loro personali testimonianze. In questo modo il progetto vuole accentuare e potenziare la formazione e il monitoraggio delle persone coinvolte attraverso incontri che permettano di condividere i bei momenti vissuti tra entrambi le parti.

Da: Italia che cambia, 11 marzo 2021, di MARÌA GABRIELA AVÌLA

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