Cliniche legali promosse da UNHCR e tre università italiane per assistere gratuitamente chi vuole promuovere una causa di riconoscimento dello status di apolide. Gli indirizzi dove rivolgersi

Chi non ha una cittadinanza è privo dei più elementari diritti, dalla assistenza sanitaria, alla scuola, alla possibilità di avere un passaporto e poter viaggiare. In Italia esiste una legge che, in accordo con le Convenzioni del 1954 e del 1961, riconosce gli apolidi e dà loro gli stessi diritti di un cittadino, ma per ottenere questo riconoscimento occorre promuovere una procedura specifica, per via amministrativa o per via giudiziale.

Se nel mondo gli apolidi sono circa 4,3 milioni di persone, soprattutto appartenenti a minoranze etniche, in Italia si calcola che siano circa 3.000, dei quali però solo 500 hanno il riconoscimento della loro condizione e quindi la possibilità di godere appieno dei diritti. Il problema riguarda soprattutto persone rom originarie della ex Jugoslavia, che, dopo la guerra nei Balcani e in seguito a fughe e diaspore, hanno perso il legame con il paese di origine. Molti di loro non sanno di essere apolidi e non sanno della possibilità di ottenere il riconoscimento di apolidia dallo stato italiano. Riconoscimento che darebbe loro la possibilità di far avere ai figli la cittadinanza italiana già alla nascita, a patto però di farne richiesta, dal momento che non è una procedura automatica.

Partendo da queste considerazioni, l’UNHCR, l’agenzia Onu che si occupa di rifugiati, ha promosso insieme alle Università di Roma 3, Napoli Federico II e International University College di Torino, un progetto dal titolo “Stateless Legal Clinics” (Cliniche legali per chi è senza cittadinanza), per dare assistenza agli apolidi e a chi rischia di diventarlo. Ne hanno parlato alcuni dei promotori a Torino nella sede del nostro Ufficio lo scorso 29 novembre. Il progetto coinvolge studenti di legge e scienze internazionali, supportati da docenti e da avvocati dell’ASGI, l’Associazione di Studi Giuridici sull’immigrazione. Le cliniche prendono in carico i casi e promuovono l’azione legale per il riconoscimento dell’apolidia.

Ecco i riferimenti per contattare le cliniche:

Scarica il flyer del progetto qui.

Testo di Daniela Garavini


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